La regolazione emotiva

Cari genitori avete mai pensato che conoscere il funzionamento del cervello di vostro figlio possa aiutarvi a comprendere meglio il bambino, a migliorare la relazione con lui, e a farlo fiorire nel suo essere unico e irripetibile?

In questi ultimi anni le neuroscienze stanno aiutando moltissimo la pedagogia. Insieme queste due scienze collaborano e ci offrono uno sguardo più critico e scientifico riguardo l’apprendimento, le emozioni e il comportamento umano.

In generale tutti sappiamo che il cervello è un organo del corpo grande più o meno come una noce di cocco e che una delle sue funzioni principali è quella di pensare, ma soprattutto di apprendere.

Ma la cosa affascinante è che Apprendere è una funzione istintiva, nessuno ci insegna ad apprendere: i bambini apprendono da soli, semplicemente osservando. Quando un adulto (ripetutamente) urla contro un bambino perché ha fatto qualcosa che non doveva gli sta insegnando una forma di comunicazione che molto probabilmente il bambino riproporrà nelle sue relazioni; allo stesso modo un genitore che si rivolge ad un bambino con un tono pacato ed in una modalità di ascolto gli sta insegnando un modo completamente diverso di relazionarsi.

Un aspetto molto importante su cui soffermarsi è quello secondo cui il cervello è qualcosa di estremamente misterioso e affascinate, e grazie alla sua plasticità noi possiamo ricalibrarlo e rimodellarlo per tutto il resto della nostra vita. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che tutte le esperienze che viviamo possono modellare il nostro cervello.

In termini più scientifici significa che tutte le esperienze che viviamo creano nuove connessioni: più facciamo esperienza di un certo tipo più quella connessione viene rafforzata, e di conseguenza meno esperienza ne facciamo più quella connessione diventa debole.

Questa semplice informazione consente di comprendere quanto lo sviluppo del cervello non sia solo legato ad una questione genetica ma che dipende molto anche gli stimoli esterni offerti. 

E questo credo sia qualcosa di meraviglioso, perché ci permette di credere davvero che attraverso delle stimolazioni adeguate, anche con una base biologica discreta, si possano raggiungere ottimi risultati sia a livello cognitivo che relazionale, e di conseguenza realizzarsi nei diversi ambiti della propria vita.

Quindi se vogliamo aiutare il nostro bambino a diventare un adulto equilibrato e realizzato dobbiamo prestare attenzione a come si sviluppa nel corso degli anni il suo cervello; poiché un adulto, grazie alla completa maturazione cerebrale, può osservare le situazioni da diversi punti di vista e optare per delle scelte più o meno ponderate; questo il bambino non lo può fare, poiché alcune aree del suo cervello arriveranno con gradualità ad una completa maturazione intorno ai 25 anni di età.

Nel caso dei bambini il fulcro del concetto di regolazione emotiva è situato nella parola Eteroregolazione: più è piccolo il bambino e più è l’adulto che manovra la manopola della regolazione emotiva. Il bambino ha bisogno che l’adulto regoli le sue emozioni, ha bisogno di una figura adulta da imitare che dia un nome e riconosca le sue emozioni. Mano a mano che il bambino cresce si parla di Co-regolazione: in questo caso si parla di danza relazionale dove la reciprocità dello sguardo e la funzione a specchio portano ad una co-partecipazione della regolazione emotiva.

Quindi è inutile avere delle aspettative troppo alte nei confronti dei nostri bambini, poiché alcune cose non le fanno non perché non hanno voglia o perché fanno dei capricci, ma per il semplice motivo che alcune aree del loro cervello sono fisiologicamente ancora immature.

Per quanto riguarda l’anatomia del cervello sappiamo che esso è costituito da un emisfero destro e da uno sinistro.

L’emisfero destro è quella parte più intuitiva, creativa, in grado di vedere il quadro generale delle cose; l’emisfero sinistro, invece, è la parte più analitica, logico – matematica, attenta al dettaglio.

Queste due parti assolvono funzioni completamente diverse, e sono unite tra loro dal corpo calloso che ne permette la comunicazione permettendo loro di lavorare insieme.

Non è curioso che la fisiologia stessa del cervello sia progettata al fine di far collaborare le due parti?

Nessuna delle due è più importante dell’altra. Entrambe, se usate in egual misura, consentono uno sviluppo armonioso permettendo una crescita sana e di diventare degli adulti equilibrati.

Possiamo effettuare un’ulteriore suddivisione del cervello: e cioè parte alta e parte bassa.

La parte alta è costituita dalla corteccia cerebrale, ed è qui che avvengono il pensiero, l’immaginazione e la pianificazione; la parte bassa è costituita dal tronco encefalico e dalla regione limbica (zone più primitive) responsabili delle funzioni di base come il respiro, i battiti delle palpebre e delle emozioni intense.

Anche in questo caso, come per l’emisfero destro e quello sinistro, i due piani devono collaborare, ed è quindi opportuno aiutare i bambini a creare la “scala metaforica”; per costruire questa scala è necessario tenere a mente che la parte inferiore del cervello è già formata fin dalla nascita mentre quella superiore, come dicevamo prima, completa il suo processo di maturazione verso i 25 anni. Proprio perché questa parte è ancora in fase di costruzione può succedere che i bambini rimangano intrappolati al piano di sotto senza riuscire a salire al piano superiore, e quindi ”scaldarsi” per qualcosa che a noi adulti sembra qualcosa da poco.

Essere a conoscenza di questa incapacità fisiologica dei bambini permette a noi adulti di avere più stimoli per aiutarli sviluppare quelle facoltà necessarie a comportarsi in modo appropriato e a scoprire quelle risorse efficaci per riconoscere, dare un nome alle proprie emozioni, per superare una crisi emotiva, come per esempio una crisi di rabbia.

Esempio: Giacomo gioca con la palla tranquillo, poco dopo arriva Pietro che dal nulla gli sottrae la palla ed inizia a giocarci. Giacomo inizia a piangere ed istintivamente potrebbe scagliarsi contro Pietro per riprendersi il suo gioco facendogli anche del male.

Il ruolo fondamentale dell’adulto in questo momento sarebbe quello di accogliere Giacomo nella sua rabbia, magari abbracciandolo (se ha voglia di essere abbracciato), e dare valore a quello che sta provando (rabbia), nominando l’emozione, aiutando il bambino a trovare una soluzione efficace per se e per la relazione con i suoi amici, ad esempio affermando: “capisco che sei arrabbiato perché Pietro ti ha preso la palla, ma la tua rabbia non può fargli del male. Che ne dici se andiamo insieme da Pietro e gli chiediamo di ridarcela, e se tu ne hai voglia di giocare insieme a lui?” In questo semplice esempio l’adulto in questione stai aiutando il bambino ad utilizzare in maniera armoniosa le diverse parti del cervello.

Ecco dunque il ruolo importante dell’adulto e della Regolazione Emotiva: capire che in situazioni simili il bambino è fisiologicamente intrappolato nella parte inferiore del cervello, e che non ha ancora la capacità di salire al piano di sopra in maniera autonoma, ci offre la possibilità di aiutarlo in maniera concreta ed efficace, rispettandolo nel suo essere e nel suo sentire, instaurando con lui una relazione basata sull’ascolto e sull’empatia, sulla comprensione e sul rispetto della sua individualità.

Quello che secondo me è importante ricordare è che non esiste una rigidità o una staticità in quello che siamo, tutti noi siamo esseri in divenire, e abbiamo ogni giorno la possibilità di ricostruire e rimodellare il nostro cervello per crescere e migliorare sempre di più, per diventare degli esseri umani consapevoli integrando le diverse parti di ognuno di noi in una sorta di abbraccio che accoglie ciò che siamo totalmente.

Per fare ciò però è necessario che l’adulto sia consapevole di sé e di quello che prova. È necessario che conosca le sue aspettative nei confronti del bambino, e cioè che cosa si aspetta che il bambino faccia o non faccia in una determinata situazione (ad esempio non si può pretendere che un bambino di due anni sia generoso e offra i suoi giochi tranquillamente agli altri). È importante che l’adulto riconosca di essere un esempio per il proprio bambino, e che come dicevamo all’inizio di questo articolo, lui apprende semplicemente osservando, e quindi se in una situazione di difficoltà di fronte a sé  il bambino osserva costantemente un adulto che gli parla sopra senza avere rispetto di quello che sta provando, imparerà che questa è una modalità di intervenire durante una crisi; infatti non è possibile aiutare il bambino che sta affrontando una crisi se non siamo noi adulti i primi ad essere tranquilli ed empaticamente disposti ad accogliere l’altro nella sua difficoltà.

Diamoci questa possibilità, e diamola ai nostri bambini.

Quanto scritto finora è una semplice parte di un argomento molto esteso e complesso.

Se vorrete approfondire consiglio i testi di Daniel J. Siegel e Tina Payene Bryson perché offrono degli spunti non solo teorici ma soprattutto pratici per affrontare le difficoltà che i genitori, ma anche i professionisti dell’educazione, possono incontrare nella loro quotidianità.


di Lorenza D.
educatrice presso il nido La Giocomotiva di Via Bonghi

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