Dal 17 al 22 aprile 2018 a Milano sarà tempo di Salone del Mobile. E con esso torna uno degli appuntamenti più amati dalla città: il Fuori Salone. Fra gli eventi in programma, un incontro dedicato a Edueat (in programma alla Fabbrica del Vapore), innovativo progetto di educazione alimentare promosso dalla professoressa Paola Nicolini. Tema della giornata sarà la relazione fra il cibo e l’affetto.
Pane, amore e… autonomia
di Paola Nicolini
Università di Macerata
L’equazione cibo = affetti
Fin dai primi giorni di vita, la relazione più evidente dell’essere umano appena nato con un altro essere umano riguarda l’allattamento, facendo sì che la presenza di questi due elementi – costruzione dei primi legami di affetto e bisogno di nutrimento – sia spesso intesa come un inestricabile intreccio.
Sigmund Freud è stato tra i primi a farsi confondere dalla loro compresenza, motivo per cui ha messo in connessione diretta il benessere psicologico con la nutrizione, sostenendo che l’essere umano sperimenta il primo legame di affetto con la madre proprio in virtù del fatto che essa lo nutre e dà soddisfazione a questo bisogno primario.
È forse per questo motivo che il momento dei pasti è spesso terreno di scontro in famiglia, in quanto interpretato inconsapevolmente come termometro rivelatore degli affetti. Lo testimoniano le frasi ricorrenti che accompagnano il ritrovo intorno alla tavola e che sono rivolte ai bambini:
- L’ho cucinato per te!
- Sono andata a comprare appositamente questo perché ti piace e adesso non lo vuoi!
- Finisci tutto, mica si trova per strada quel che hai nel piatto!
- Fai contenta la nonna/ contento il papà/ contenti tutti!
- Assaggia – accompagnato da esclamazioni come – a mamma! A papà! A zia!)
- Lo sai che poi la zia se la prende, se non lo provi!
Il cibo è talvolta usato anche come punizione privativa o come ricompensa, in caso di conflitti, ad esempio tra fratelli e sorelle:
- Dato che hai fatto piangere tua sorella non avrai il tuo pezzo di torta
- Stasera niente gelato, così impari a stare più attenta…
- Se fai il bravo e obbedisci, ti compro le merendine che ti piacciono tanto
- Dato che ti sei impegnato, ecco il budino che preferisci
Si scivola poi dalle relazioni interpersonali a quelle sociali in senso lato, innestando in alcuni casi anche
valutazioni di tipo moralistico:
- Pensa ai bambini che non hanno da mangiare…
- Non si spreca il pane
- Lo sai la fatica che è costato cucinare questo piatto?
L’essere umano ha più bisogno di cure che di cibo
Studi successivi e più recenti hanno rivelato un’altra natura dei primi legami affettivi, come ha dimostrato nelle sue ricerche Harry Harlow. Quest’ultimo utilizzò dei piccoli di scimmia e dei fantocci: uno di fil di ferro che erogava latte e l’altro di morbida stoffa di peluche, che invece forniva rifugio e calore.
Osservando l’interazione dei piccoli con i due manichini, Harlow constatò che gli scimmiotti passavano molto tempo su quello rivestito e si recavano dall’altro solo per il tempo necessario a sfamarsi, dimostrando così come il rapporto di affetto non dipendesse dalla soddisfazione del bisogno di alimentarsi, bensì dalla sensazione di calda accoglienza. Dagli anni ’60 in poi, nell’ambito della psicologia scientifica, il legame madre-figlio e cibo-affetti è stato di gran lunga superato a favore di visioni più complesse e articolate; tuttavia, a livello delle teorie di senso comune ancora dominanti, sembra permanere l’idea che si debbano prevalentemente alla madre i percorsi di sviluppo del figlio e
che, soprattutto nei primi mesi di vita, un bambino che mangia e si accresce è un bambino che sta bene e a cui manca nulla.
Il binomio cibo = affetto non solo dunque costituisce una inefficace spiegazione, ma crea un pericoloso fraintendimento, mescolando piani che nulla hanno a che fare tra loro, con l’esito inopportuno di trasformare uno dei tempi di ritrovo della famiglia in un campo di battaglia. In questi momenti, infatti, i genitori misurano quanto sono amati dai figli e quanto essi stessi li amano in base al fatto che il cibo portato a tavola è gradito e consumato. I figli a propria volta, intuendo il potere messo nelle loro mani dal fatto di ingerire o no gli alimenti preparati, possono (consapevolmente o no) ingaggiare battaglie di tipo psicologico semplicemente aprendo o chiudendo la loro bocca.
I pasti come terreno di scontro invece che di incontro
Il momento dei pasti è terreno di scontro tra madri e padri, le prime spesso angosciate dal fatto che i figli mangino troppo o troppo poco e i secondi propensi a chiudere velocemente le vicende che si sviluppano intorno alla tavola imbandita, chiedendo o imponendo ai figli di lasciare il proprio posto pur di terminare una serata in pace.
Senza parlare di quanto può accadere se sono presenti nonni, zii o parenti, ognuno con una propria idea su
come si educano i bambini e su cosa dovrebbero o no mangiare, più propensi a dividersi su opposti fronti
invece che provare a collaborare.
Per molte famiglie il ritrovarsi a tavola è un momento temuto, i pranzi domenicali in famiglia sono un incubo, con il risultato che i bambini non capiscono sia cosa significhi alimentarsi (meglio se in modo sano) sia cosa possa esprimere un momento di ritrovo tra adulti che si ritrovano per incontrarsi, laddove il pasto è solo un pretesto, un’occasione, un momento fisso che comunque troverebbe una propria collocazione temporale nell’arco di una giornata, perché in quanto esseri umani abbiamo bisogno di rifornirci di energia più volte al giorno.
Ripensare l’educazione alimentare
Perciò la questione andrebbe rivista utilizzando un diverso approccio, più salutare sia dal punto di vista
della nutrizione sia dal punto di vista dello sviluppo dei legami affettivi.
A questo scopo è stato pensato l’approccio Edueat, un progetto del Laboratorio delle idee di Fabriano
sviluppato in collaborazione con l’Università di Macerata, tradotto in un doppio libro dedicato a
bambini e a genitori/insegnanti, “Aggiungi un gioco a tavola. Il progetto, già presentato con la
newsletter, è accompagnato da un Manifesto per un’educazione alimentare consapevole delle bambine
e dei bambini.
Sul piano della crescita individuale, infatti, la relazione con il cibo è legata prevalentemente al nutrimento e al gusto. La conoscenza dei riflessi di quel che si mangia sulla salute e l’utilizzo di un approccio sensoriale alla degustazione, basato sull’esercizio di tutti i canali percettivi, costituiscono i principi fondamentali di una corretta educazione alimentare.
Sul piano sociale, un’educazione alimentare basata sulla scoperta e sul gioco, sulla valorizzazione del cibo come strumento di ulteriore conoscenza, favorisce nel bambino apprendimenti significativi.
La costruzione nei bambini di conoscenze e competenze in campo alimentare attraverso la partecipazione alle attività di preparazione dei cibi, il ricorso alla manualità connessa, alla raccolta e, dove possibile, alla coltivazione (ad esempio attraverso la diffusione di orti scolastici) di erbe, fiori, frutti, verdure, ecc., ha la finalità ultima di garantire una inter-azione ottimale tra essere umano, natura e bisogni nutrizionali.
di Paola Nicolini
Docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione
Università di Macerata
paola.nicolini@unimc.it